Raggiunsero uno spiazzo
da cui era possibile sia accedere al secondo piano, attraverso un’ampia
scalinata, e alla Dovnus. In lontananza sentivano rumori e fragori, segno che
nel resto della villa la battaglia non era ancora conclusa.
«Master Lenu può fare
una perlustrazione?» chiese il Tanreal, mentre gli si avvicinava.
«Posso provare.»
Si chinò e tastando il
freddo della pietra con i polpastrelli cercò di farsi una visione dell’interno.
Non gli fu possibile. Fu respinto da una forza esterna.
«Temo che non sarà così
facile. Non ci faranno capire in quanti ci attendono lì dentro» esclamò il
Relurg Estran.
«Purtroppo ha ragione.
Suppongo che abbia preparato un Sigillo per schermare la sala.»
«Quindi vogliono
giocarsela tutta nella Dovnus. Dovremo sfondare con la forza.»
«Non è consigliabile,
Tanreal. Non posso dire se il Sigillo abbia altri “termini”. Potremmo finire in
una trappola ancor prima di confrontarci con i nostri nemici.»
«Potrei pensarci io» si
propose Ognan «Non sarà complicato distruggere la porta e il Sigillo se lo
colpisco come ho fatto prima.»
Si misero a discutere.
Lenu era contrario. Un’azione così dirompente avrebbe potuto anche causare
danni seri alla struttura della villa. Sarebbero potuti morire tutti quanti. Il
Tanreal, sebbene titubante, però, alla fine diede ragione all’agente del
Token-Akrusteir.
“Non
posso lasciarti morire così. Prima… prima… dobbiamo assolutamente parlare!”
Si
incolonnarono, creando un corridoio umano che desse spazio di manovra al Relurg
Estran. Gli sembrò quasi surreale quanto avvenne: dal nulla, attraverso una
trasformazione repentina quanto accurata, si generarono due poderose braccia
umane, proprio all’altezza delle spalle dell’inerme Ognan. Erano più grandi di
braccia normali e, inoltre, non avevano alcun collegamento fisico con il corpo
del proprio creatore. Sembravano semplicemente rimaste sospese.
Improvvisamente,
la mano sinistra si piegò, si chiuse a pugno e iniziò ad ammassare energia,
fino a rilasciare una fioca luce. A quel punto, il braccio si caricò e colpì le
porte d’ingresso della Dovnus. Lenu cercò di coprire il volto dai detriti e dal
fumo. Rimase solo qualche attimo interdetto e sorpreso da quel potere. Tornò a
concentrarsi sul suo compito, sull’obiettivo che si era dato. Non ascoltò
nemmeno l’ordine del Tanreal di caricare. Si slanciò con forza e in pochi
passi, grazie alla Somagia, era già all’interno e aveva superato lo stretto e
breve corridoio che permetteva di accedere al “Cuore” della villa: una sala
circolare, dal soffitto che sembrava occupare persino il secondo piano[1] e dagli
alti colonnati incassati nel muro che finivano per dividerla in sette diverse
sezioni, ognuna delle quali permetteva di inoltrarsi in un'altra ampia sala
dove vi erano le reliquie della Famiglia Devenion; al centro della sala vi era
un enorme braciere e intorno ad esso un lungo anello di pietra, dove vi erano
appoggiati tomi e pergamene; su tutto ciò, campeggiava, nel muro opposto
all’entrata vi era un lunghissimo drappo verde smeraldo su cui vi era
stilizzato l’Hublon[2].
Master Lenu, tuttavia,
non si fece impressionare. Aveva già visitato una Dovnus. Aveva un unico
obiettivo. Il suo percorso, però, fu subito intralciato da figure ammantate di
nero, tanto da sembrare spiriti riportati dal mondo dei morti. Spettri che
impugnavano lunghi bastoni lignei e da cui scaturirono fiamme scarlatte e
mortali. Si salvò perché l’attacco fu totalmente caotico; nessuno ipotizzò che
potesse riuscire a scansarsi e così ebbe il tempo di muoversi verso i primi
nemici e, nello stesso tempo, di formulare l’Incantesimo:«Akru Isvegnus, Bolla Acuminata.»
Mentre correva e
copriva le distanze, una bolla trasparente e luminescente si ingigantì,
passando per dividersi prima in due sfere e poi in tre, l’una più grande
dell’altra, e infine per venire tutte e tre inghiottite dall’ultima. La bolla,
che si era librata in aria durante il processo, esplose quando Lenu si stava
avvicinando al suo raggio d’azione. Centinaia di aghi colpirono e devastarono
il terreno davanti a lui. Le fiamme e i traditori furono spazzati via dalla
velocità e dalla potenza dell’urto. Non si guardò indietro e iniziò a fare il
giro dell’immenso braciere centrale: il Relurg Estran, nel frattempo, tentava
di fronteggiare le fiamme e di proteggere i soldati che avanzavano lungo la
sala.
“Dove
sei?! Dove sei?! Devi essere qui. Non puoi essere scappato!”
Non
ebbe grosse difficoltà a raggiungere l’altro lato della Dovnus. I nemici si
stavano muovendo lentamente, puntando a fermarli all’ingresso. Non avevano
previsto che qualcuno riuscisse a sfondare la prima linea tanto rapidamente. La
Somagia aveva molti usi e uno dei più utili era il potenziamento della mobilità
nelle gambe. La maggior parte di quei fantocci non aveva nemmeno la minima idea
di cosa fosse la magia.
Notò la sua figura
quando il braciere glielo permise. Dall’anello di pietra si formavano
progressivamente delle pedane rialzate sempre più grandi, l’ultima delle quali
era enorme ed era vicinissima all’imponente drappo; sembrava un altare, tanto
più che sopra vi era un costone di pietra rettangolare e una figura intenta a
leggere e a sussurrare parole sfuggevoli e maledette.
«Maineeeer!» urlò a
squarciagola mentre si avvicinava.
La figura incappucciata
e dalla tunica stretta e avvinghiata al corpo si voltò. Un volto emaciato, dai
capelli neri sfoltiti e ingrigiti, solcato da strani e terrificanti venature
dalla tonalità amaranto. Rimase confuso e spaventato; persino i suoi occhi
avevano perso il colore verde acceso per mutarsi in una colorazione violacea.
«Mainer… Oh dei.»
L’amico, però, non fu
esitante quanto lui: si gettò dalla pedana rialzata diversi metri e generando
delle fiamme dal braccio colpì il pavimento. La colonna di fuoco si diresse
subito verso Lenu che fu in grado di spostarsi ma venendo colpito al braccio
destro, abbattendo la barriera magica in un frangente rapidissimo. Fu gridando
per il dolore e con grande forza di volontà che riuscì a formulare l’Incanto
che salvò il suo braccio:«Akru esquien, Acque
della Benedizione.»
Mentre il suo braccio
veniva devastato dalle fiamme, vi passò sopra, a debita distanza, il palmo
della mano da cui cadde del liquido che lentamente evitò il peggio.
“Chissà
se riuscirò a muoverlo nuovamente.”
«Dovresti prestare più
attenzione durante uno scontro, Lenu.»
Si irrigidì e,
voltandosi, ebbe l’autentico timore di stare per essere ucciso. Non fu così.
«Mainer. C-che… cosa hai
fatto?»
Le
disse senza nemmeno rifletterci troppo. Era rimasto veramente sconvolto dalle
condizioni dell’amico. Sapeva che il suo dovere l’avrebbe presto costretto a
riprendere quel combattimento, ma non era riuscito a esimersi da
quell’interrogativo, da quella futile e pretestuosa preoccupazione.
Il
traditore lo fissò per qualche istante, pensieroso, poi, con uno sguardo
lievemente triste, scostò la veste che aveva sotto la tunica e che era spaccata
all’altezza del collo.
Il suo primo istinto fu
quello di vomitare. Dopo qualche attimo di autentica e destabilizzante
sorpresa, lacrime calde sgorgarono dai suoi occhi.
«Sei un totale idiota.»
Un’asta di legno era
stata incastonata nel suo busto: la pelle sembrava essersi adattata al corpo
estraneo e lo aveva parzialmente ricoperto e, in segno di totale fusione, era
stata segnata da solchi di quella tonalità amaranto che finivano per arrivare
fino al volto e che ricoprivano l’asta stessa. Il suo corpo pulsava energie
che, secondo Lenu, tentavano di esprimere le forze che lo attraversavano, ma
che, in realtà, si stavano semplicemente irradiando e stavano consumando Mainer.
Fu una visione fugace, fin tanto che l’amico trattenne la veste, degna del
peggior incubo possibile.
[...]
Questi bastoni, o artefatti magici se volete chiamarli così, hanno una loro comparsa diretta anche nella Storia principale. Ciò che celano, però, è ben più pericoloso e molto di quanto li circonda ha un interesse ben più importante.
Per qualunque domanda o confronto potete lasciare un commento sulla Pagina Facebook Gli Annali della Caduta oppure direttamente qui sul blog.
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A presto e stay tuned 😁😉.
[1] In realtà, la Dovnus è la sala
più alta e grande della villa e dall’esterno risalta inevitabilmente.
[2] È l’animale sacro della
Famiglia, il simbolo legato all’antica leggenda che narra la nascita della
Famiglia stessa. La bestia, rintracciabile solo in una zona della Satrapia del
Sud, è quadrupede, dalla mole pericolosa e dalla coda rossa, ha il muso
incassato nelle schegge verde smeraldo che caratterizzano la sua schiena, parte
della pancia e delle gambe e che finiscono per nascondere gran parte del pelo e
della pelle dell’animale. Le schegge vengono comunemente chiamate Devenion.
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